Vi è mai capitato di guardare qualcosa che avete spesso sotto agli occhi e d’improvviso vederla diversa? Tutto ad un tratto non la riconosci più, come se di colpo avesse cambiato forma, o colore, come se fosse un’altra cosa a te improvvisamente sconosciuta.
E’ un periodo che per lavoro mi ritrovo spesso nella Riviera di Ponente Ligure. In Liguria di questi tempi la vegetazione, grazie al clima mite e temperato, è avanti di un mese rispetto a Torino, e adoro, quando posso, perdermi in lunghe passeggiate tra sentieri e stradine che costeggiano il mare. Posso osservare piante per me inconsuete, piante dalle piccole ma copiose e sgargianti fioriture. Può capitare di vedere piante che solitamente trovi solo in appartamento, come un maestoso albero di Ficus Elastica, chiamato anche Robusta o pianta della gomma, che ho incontrato nei pressi di un’incantevole piazzetta non distante dai Giardini di Regina Elena a Sanremo. Un albero imponente, probabilmente il capo della zona, con liane pendenti che toccando il suolo divengono tronchi portanti, e radici simili a dorsi di serpenti che stringono forte e gonfiano i muri.
Poi, durante una pausa pranzo lungo il mare, accade ciò che non ti aspetti, l’incontro, l’innamoramento. Davanti ai miei occhi un grande cespuglio di Aloe. A prima vista nulla di nuovo, l’Aloe la conosco da una vita, così come conosco le sue innumerevoli proprietà benefiche e curative universalmente riconosciute. Poi accade quella cosa lì, e di colpo tutto cambia. Non avevo mai notato fino a quel momento quanto fosse anche bella. Si, bella d’una bellezza ammaliante, magnetica e nella sua semplicità, disarmante. Un grande cespuglio di Aloe in fiore da togliere il fiato, così adagiato su quell’arida scarpata rocciosa, in prossimità della spiaggia e del mare, da sembrare una sirena in attesa del passaggio di Ulisse. I miei occhi, incantati a osservare quelle rosette ammassate l’una sull’altra, non si erano mai soffermati con sufficiente attenzione a guardare quella spirale simile a un Nautilus, formata da foglie succulente lanceolate grigio-verde, dall’aspetto vellutato e dai margini dentellati e dal cui centro si dipanano vistose infiorescenze lunghe anche un metro, di color arancio acceso.
Immaginate cosa sia successo dentro di me osservando le rocce bianche, il mare di primavera, le foglie grigio-verdi dell’Aloe con i suoi fiori color fuoco spiccare su di un cielo terso azzurro, che più azzurro non si può. Roba da tornare a Torino carico di Aloe sulle spalle come uno sherpa e riempirci la casa. Non sarebbe la stessa cosa, ma possiamo godercela ugualmente nelle nostre case perché l’Aloe è una pianta resistente e ben si adatta ai climi settentrionali, a patto di essere esposta in pieno sole in un terriccio povero e sabbioso, e di essere protetta dal freddo invernale, ritirandola in casa o meglio ancora, in una serra.
L’Aloe Vera (Aloe Barbadensis Miller), e l’Aloe Arborescens Miller, fanno parte della famiglia delle Alocacee, e vengono anche chiamate “il bastone del cielo”, “il dono di Venere”, “il guaritore silenzioso”, “la pianta dell’immortalità” e in molti altri modi ancora, e pare, ma non è accertato, che provengano dall’Africa meridionale.
Non perdetevi quindi lo spettacolo delle Aloe in fiore e fatevi un giro nella vicina Riviera delle sirene di Ulisse, dei doni di Venere, e di quello che vorrete vederci, osservandole. Fatelo e vi faranno innamorare, come è successo a me.