Sembra un frutto minore, una mora, un lampone forse anche un ribes. E’ una pianta rustica, ruvida di foglia e spinosa di gambo, con radici forti e lunghe, e una corteccia che cambia colore a seconda dell’età e possiede spine ricurve come artigli.
Si sviluppa tanto e velocemente questo cespuglio spontaneo che da maggio a Giugno schiude suoi boccioli in delicati fiori bianchi e rosa tenue, formati da 5 petali e una corolla di pistilli gialla al centro, come fosse una fontana che zampilla gocce di rugiada. Fiori che paiono occhi sognanti e che lasciano il posto, una volta sfioriti, a preziose bacche rosso arancio che aprendosi liberano nell’aria preziosi semi avvolti in una calda lanugine. E’ la madre di tutte le rose, viene anche chiamata rosa selvatica o rosa di macchia, vi sto parlando della Rosa Canina, la rosa madre di tutte le rose presenti in ogni parco che si rispetti.
Quante storie e leggende sulla sua origine! Si narra che fu Plinio il Vecchio a diffondere la credenza che la radice di questa pianta fosse un utile rimedio contro la rabbia trasmessa dai morsi dei cani. Le spine dell’arbusto, infatti, erano paragonate alle zanne affilate di un cane ed era pertanto logico stabilire una relazione tra il graffio provocato dalla pianta e i morsi di un cane, per cui la prima guariva la seconda. Oppure che il Diavolo, cacciato dal cielo cercò di risalirvi facendosi scala con le spine di questa pianta, piegandole così verso il basso. E ancora il mito che narra di come Bacco riuscì a consumare la sua passione per una ninfa grazie ad un cespuglio spinoso che la fece inciampare e la bloccò a terra e per questo decise di trasformarlo in una rosa coi fiori del colore delle guance della sua bella ninfa.
Leggende a parte, io voglio pensarla come una protagonista dietro le quinte che non necessita di apparire per essere. La si trova spesso in compagnia del Prugnolo e del Biancospino e insieme danno rifugio a tanti piccoli animali che durante l’inverno vanno a ripararsi dietro alle loro spine, nutrendosi dei loro frutti. Bella l’idea di tana che offre ai passanti indifesi ristorandoli con le sue bacche. Bacche che sono conosciute per le loro proprietà benefiche essendo un concentrato di vitamina C superiore persino agli agrumi.
Una rosa regale nell’essere e non nel mostrarsi, dal nome feroce, ma con un’anima generosa.