David Zonta – Torino –
Lunedì ho assistito ad uno spettacolo teatrale a dir poco entusiasmante. Teatro Astra, ventiquattresima edizione del Festival delle colline torinesi, in scena «La gioia», spettacolo di Pippo Delbono.
Che cos’è e dove sta la gioia? Queste le domande che ciclicamente si riproponevano. Richiami ai fiori tanti, e sparsi un po’ su tutta la scena e sugli abiti dei personaggi che la animavano. Chi all’occhiello, chi a girocollo, chi invece sul cappello. Fiori, fiori, tanti fiori. Lo spettacolo correva via veloce tra follia e realtà, tra dolore e tristezza e tanta malinconia. E dove stava allora la gioia? Proprio lì dentro, ma andava cercata.
Dapprima è stata l’emozione per la bellezza di una scenografia floreale, curata da mani capaci e di buon gusto, e poi è stata il sentire o meglio, il riconoscere nel fiore la metafora legata ad essa.
Gioia effimera come il fiore che si palesa inaspettatamente, quasi dal nulla, per poi esplodere in tutta la sua vivacità, freschezza e colore, e infine appassire, a volte anche troppo velocemente. Fiore che illumina un volto, uno stato d’animo, un dolore, talvolta.
«Non esiste inverno a cui non segua una primavera», veniva urlato sul palcoscenico. Un’incitazione a guardare avanti e credere che dopo l’inverno il tepore, la luce e il sorriso primaverile arriveranno di nuovo, come sempre. E che comunque anche l’inverno, seppur freddo e buio, ha il dovere di esistere, e noi, quello di provare a viverlo.
Se penso alla vita, penso ad un fiore. Penso a quanto la vita sia gioiosa, leggera e colorata ed effimera, come lo è il fiore. Breve? Preferisco definirla bella.
E in questa società dove si vive la vita per la conquista del possesso delle cose, dimenticandosi troppo spesso di viverle (e condividerle), il fiore rende proprio bene quell’immagine di gioia che va e viene, di leggerezza che si discosta dall’attaccamento delle cose materiali.
Ecco, c’è proprio questo nel fiore. Nella sua ciclicità ti sbatte in faccia il fatto che non ha alcun senso legarsi alle cose materiali. Perché tutto inizia e finisce, cresce e fiorisce, e poi appassisce, ma lascia semi, e tanti, da spargere nel tuo giardino.
Non riesco a sentire un legame per le cose. Io le cose le uso, le presto, le perdo. Sono cose. Per la gioia e i fiori, invece sì, provo un legame profondo, che tanto amo condividere.