David Zonta – Torino
Per Natale ho ricevuto in dono un fiore bellissimo. Cioè, non proprio un fiore e nemmeno una pianta, non un seme e neppure il suo frutto, un bulbo? Fuochino, ma no, non è un bulbo. Per Natale ho ricevuto in dono un piccolo vasetto colmo di “pistilli” di un bellissimo fiore che proviene da un bulbo e che, se interrato nei mesi di Agosto-Settembre, fiorisce verso la fine di Ottobre, quando in giro di fioriture spontanee non ce ne sono poi molte.
Il fiore è quello del Crocus Sativus, ma ciò che più conta è ciò che con orgoglio produce, ovvero i tre stimmi color del fuoco che partono dal centro del fiore e si estendono come tentacoli di medusa verso l’esterno. Tre antenne fluorescenti che, in contrasto con il viola intenso dei petali, si esaltano ulteriormente e, come catarinfrangenti vegetali, si fanno notare alle prime luci del giorno, quando l’alba spesso si accompagna ad uno strato di nebbiolina tipica dei campi nelle nottate ottobrine.
Mi trovavo a Cavandone, un piccolo borgo collinare a tre km dalle rive del Lago Maggiore e a Natale mi è stato regalato un vasetto di zafferano. Che in quella zona si producesse zafferano proprio lo ignoravo, immaginandolo solamente nelle terre d’origine, come l’Asia minore e parte delle coste mediterranee. Invece, ho scoperto che anche nell’alto Piemonte si produce, e con ottimi risultati, la famosa spezia. Spezia che è preziosa più dell’oro per via del metodo di coltivazione e della conseguente lavorazione quasi del tutto manuale: per ottenere 125 gr di zafferano, infatti, servono oltre 20mila stimmi di fiori che devono essere raccolti a mano per evitare di essere rovinati!
Ho stretto tra le mani quel vasetto talmente prezioso da sentirmi un Re. Uno scrigno colmo di stimmi di crocus, alias zafferano, ma anche e soprattutto colmo di impegno, di lavoro e fatica, di attesa e di infinita pazienza. Una pazienza poi ampiamente ripagata dalla soddisfazione di aver prodotto con le proprie mani qualcosa di veramente speciale, chiamato anche oro rosso, la spezia più preziosa di tutti i tempi.
E ogni qualvolta lo utilizziamo in cucina, pensiamo a quel fiore di fine ottobre che sboccia all’alba quando tutto dorme ancora, e che con la sua violacea superbia ma con l’anima calda e luminosa degli stimmi, desidera solo apparire e manifestarsi in tutta la sua affascinante bellezza agli occhi di chi lo sa guardare, comprendere e perché no, anche raccogliere.