Scorribande nei frutteti

Photo by Robert Zunikoff 

David Zonta, Torino

Le ruote giravano veloci sopra l’asfalto rovente. I pedali delle biciclette sembravano dei frullatori impazziti e quando non riuscivi più a mantenere il ritmo e le ginocchia andavano fuori giri, ti toccava alzare le gambe e arrenderti al moto vorticoso e perpetuo dei pedali.

Si chiama scatto fisso, ed è un congegno diabolicamente orchestrato da corona, catena e pedali che ti costringe ad assecondare i pedali di continuo, anche quando non servirebbe. Eravamo poco più che bambini e le nostre giornate estive le passavamo scorrazzando su e giù per le strade del paese, ognuno con la propria bici ma tutti in gruppo come una vera banda. La strada era tutta nostra, automobili e traffico stavano altrove, e si viaggiava in formazione alla ricerca di frutta da mangiare.

Era una missione da “guerrieri della notte” quella di individuare alberi carichi di frutti, uno a fare il palo, due a far scaletta intrecciando le mani per fare salire sull’albero il più piccoletto e leggero della cumpa. Recuperato il bottino, di corsa verso i nostri cavalli a pedali e via, sgommando veloci e ridendo come matti per avercela fatta ancora una volta. L’impresa era ad alto tasso di difficoltà e talvolta capitava di essere beccati dal proprietario del campo il quale, urlando i nostri nomi e cognomi, ci condannava di fatto ad un sicuro castigo. Ma nel frattempo affinavamo la tecnica e soprattutto la conoscenza degli alberi da frutto. 

Questi ricordi mi sono riaffiorati l’altro giorno, quando mi trovavo a passeggiare per le strade e gli sterrati di Pecetto, sulla collina torinese. Dinanzi alla moltitudine di meravigliosi alberi di ciliegio colmi di frutti in via di maturazione, ho sentito, come quel bambino di tanti anni fa, lo stesso richiamo ad arrampicarmi per raccogliere ciliegie a più non posso, per poi fuggire via con la mia biciclettina, e mi sono un po’ emozionato.

Della bellezza della fioritura delle piante da frutto, me ne sarei accorto solamente in età adulta. Allora, non avrei potuto comprendere che in Oriente, ad esempio, le piante di ciliegio fossero venerate per la loro fioritura. L’Hanami in Giappone è la festa popolare più sentita e, sebbene si riferisca all’osservazione di tutti i fiori, è dedicata quasi esclusivamente proprio ai fiori di ciliegio, considerati simbolo di felicità e benessere. 

Sono alberi fieri i ciliegi, hanno un tronco dritto con una forte corteccia marrone scuro. Possono superare i quindici metri di altezza, tollerano il freddo e il caldo, non sopportano le gelate improvvise e sono piante longeve capaci di vivere fino a cent’anni. Quella del ciliegio è una fioritura ricca di fascino ma il suo frutto non teme confronti. Rosse di colore, tonde di forma e in grappoli che te li puoi agganciare agli orecchi e farne i pendenti più buoni dell’universo, le ciliegie hanno un gusto inconfondibile che puoi sentirne il sole dentro, appena raccolte dall’albero.

Quest’anno l’Hanami ce lo siamo giocati con la quarantena, ma possiamo festeggiarlo comunque, e non potendo più ammirare i fiori, ne mangeremo i frutti, che è una pratica altrettanto nobile. Onoriamolo così l’Hanami, e scorpacciamoci di ciliegie, che sono buone da morire, fanno bene e infondono tanta allegria. 

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