Ho chiuso l’anno augurandomi e augurandovi bellezza e abbondanza, o bellezza in abbondanza, ancora meglio. E in effetti, dopo un anno così, ce n’è di bisogno in quanto il pericolo di imbruttimento cronico per ognuno di noi è dietro l’angolo ed è doveroso prestarci attenzione.
La bruttezza è una brutta bestia oleosa che si insinua ovunque, riempie gli spazi vuoti e si espande a macchia d’olio sulla superficie per poi affondare in profondità trascinando con sé e soffocando tutto quanto di buono trova. E’ per questo motivo, ovvero per non correre il rischio di questo subdolo effetto da Coronavirus, che nel nuovo anno ho chiamato in causa e in aiuto la bellezza.
Per tutta risposta, e questo mi fa ben sperare, in questi giorni la mia Cattleya ha schiuso simultaneamente diversi boccioli, inondando di un profumo meraviglioso tutta la stanza.
La Cattleya è un genere di piante epifite appartenente alla famiglia delle Orchideaceae, che detta così, in termini botanici, perde molto della sua poesia. La Cattleya è un’esplosione di bellezza e profumo che ti sorprende ogni volta cogliendoti impreparato. Fiorisce solitamente una volta all’anno, le mia sempre durante le feste natalizie, perché sa che ci tengo come un bambino al Natale, e tutte le volte che fiorisce è un concerto di emozioni.
Quando una Cattleya fiorisce ne comprendi l’assoluta bellezza. Una bellezza che nasce da un equilibrio di proporzioni, da un’estetica inusuale alla quale non siamo abituati
Devi mostrarle pazienza nell’accudirla un anno intero in attesa del suo fiorire. A volte può accadere di ricercare un motivo per cui valga la pena coltivare con tanta attenzione questa pianta, abbastanza anonima per 11 mesi all’anno ma poi, ad un tratto, scorgi spuntare dalla base delle foglie delle sacche simili a baccelli, e il motivo ti sovviene immediatamente. Subito è festa perché sai che lì dentro sono custoditi i fiori e presto sarà Natale.
Il processo di maturazione dei boccioli è entusiasmante. Li osservi dapprima all’interno del baccello, in controluce si vedono benissimo e li puoi contare, e dopo qualche settimana bucano l’involucro ormai annerito dal disseccamento, e loro, i boccioli, spuntano così alla luce facendosi grandi e pronti per fiorire. Insomma, una nascita.
Quando poi i boccioli si schiudono, beh, poche parole possono descrivere cosa si prova. Tutto ad un tratto, quella pianta sghemba fatta di buffi pseudobulbi con solo una foglia ciascuno, foglia peraltro ricurva, dura e ruvida che non pare nemmeno poter respirare, quella pianta, dicevo, della quale tutto si può dire tranne che sia bella, ecco, quando fiorisce ti rammenta il motivo per cui l’aspetti un anno intero.
Quando una Cattleya fiorisce, ne comprendi l’assoluta bellezza. Una bellezza che nasce da un equilibrio di proporzioni, da un’estetica inusuale alla quale non siamo abituati, da un perfetto grado di imperfezione. E puoi solo ringraziarla quella lì, quell’orchidea che, sorniona, ti prende in giro per tutto l’anno, quella che si fa desiderare a lungo e poi ti ammazza di bellezza.
Anche la Cattleya ti ringrazia. Ti ringrazia per esserti preso cura di lei ombreggiandola durante l’estate, fertilizzandola con continuità, e per averle vaporizzato addosso tutta la tua cura per mezzo di microscopiche goccioline d’acqua piovana che, vaporizzate sulle foglie, la fanno impazzire.
E’ un gran bel modo, giù il cappello, di ringraziare: il suo è un gesto in apparenza semplice ma profondo nel significato. E’ il suo fiorire, il suo mostrarsi, il suo voler issare in alto, sopra ad ogni cosa, la bellezza. Caro 2021, io voglio assolutamente ripartire da tutto questo, da una semplice ma al contempo inimmaginabile, fioritura.